Tutti gli allievi di vecchia data e più vicini al maestro si sono riuniti, per fare gli auguri al Sensei D’Arcangeli, con l’appoggio dell’intera scuola e di tutti i giovanissimi che la compongono. Con commozione tutti gli atleti hanno partecipato al grande Saluto per il Maestro, con il collo adornato dalle cinture, dalle colorate alle nere. La festa, che si è protratta per tutto il giorno, è stata un inno al Maestro e al gruppo che è riuscito a costruire negli anni, un gruppo rimasto sempre solido e che si abbraccia intorno a Rita.

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Personalmente, io Matteo, ci tengo a scrivere queste due righe per rompere la formalità della notizia del Cinquantesimo Compleanno del mio Maestro. Io ho trentadue anni, conosco Rita da quasi venti… quindi capirete che non ricordo troppo bene la vita “prima del Maestro”, perciò sintonizzatevi sul mio cuore per leggere questo messaggio…

Maé, in questi venti anni ho riso e pianto per colpa tua. Ho combattuto come un orso e mi sono leccato le ferite come un cagnolino in un angolo sotto lo sguardo tuo, spesso riassumibile con un “macheccazzostaiafa?”, t’ho guardato con la coda dell’occhio mentre me facevi gesti nascosti per guidarmi da fuori… perché “da qua fori io vedo cose che tu non vedi”… come quando in Giappone agitando la manina camuffata tra le braccia incrociate me suggerivi: “daje giù”. Eh oh. Io giù je davo. Poracci quelli davanti. Te ricordi? T”ho guardata dritta negli occhi quando in quell’occasione il Sensei Yamamoto me disse (in realtà ‘ce disse’ a me e a Sandrino, co cui divido la gloria co picere) “You fight as a lion” – combatti come un leone – con una mano appoggiata sulla spalla mia (sisi, e quella di Sandrino…).

T’ho sempre guardato pe sentimme di: “So orgogliosa de te” ma tu non me l’hai mai detto, perché hai sempre solo alzato un’asticella da superà pe famme vede l’ennesimo limite da distrugge (perché da saltà non se ne parla) per diventare la migliore versione di me che potessi essere. Non un campione, sticazzi, ma il ME migliore. E il me che c’è adesso è tanto grazie a te.

Tanto lo so, che quando stai da sola te guardi allo specchio e te dici: “sti ragazzi non so male”. Forse il regalo più grande che potevamo fatte domenica sera è stato questo: mannatte a casa col core gonfio de vedecce tutti li riuniti, co tanto de pupi, pe te.

E tu c’hai mannato a casa a noi, commossi de una festa intensa, col core che batte ancora a quel Sensei ni rei … e la panza piena.

Auguri Rì.

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